Il complesso della Reggia di Caserta e il Palazzo Reale al suo interno costituiscono una dimora storica appartenuta alla famiglia reale della dinastia Borbone di Napoli.
Tale complesso è stato proclamato ai giorni nostri patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
La Reggia si trova all’interno del comune di Caserta (uscendo dall’autostrada A1 a Caserta Sud si può intraprendere un lungo viale che, dopo qualche chilometro, conduce direttamente di fronte all’entrata della Reggia) ed è circondata da un vasto parco con giardino all’inglese.
La storia della Reggia di Caserta
Il Palazzo Reale di Caserta venne costruito su richiesta di Carlo III di Borbone, re delle Due Sicilie già da 16 anni. Colpito dalla bellezza del paesaggio, desiderando emulare e, possibilmente, superare le più maestose regge allora esistenti e, soprattutto, desideroso di riorganizzare da un punto di vista militare ed amministrativo il proprio regno in quelle terre, decise, intorno al 1750, di acquistare il terreno, allora di proprietà dei discendenti della famiglia Gaetani Acquaviva, per la grossa somma di 489,343 ducati.
Il prezzo così alto era dovuto in parte al desiderio del re di far costruire una reggia il più possibile simile a quella di Versailles in Francia, e, in parte, al complesso di lavori da effettuare: il progetto comprendeva infatti, oltre alla costruzione del palazzo e del parco, anche la sistemazione dell’area urbana circostante e la realizzazione di un nuovo acquedotto (il cosiddetto acquedotto Carolino) che attraversasse l’annesso complesso di San Leucio.
La Reggia: un nuovo simbolo per lo stato borbonico
La Reggia doveva essere il simbolo del nuovo stato borbonico e, in quanto tale, aveva il compito di esaltarne la potenza e la grandiosità, mantenendone inalterata l’efficienza.
La costruzione della Reggia rientrava in un piano (realizzato, infine, solo parzialmente) di riorganizzazione amministrativa delle principali strutture dello Stato a Caserta, la quale sarebbe stata collegata con la capitale Napoli attraverso il già citato viale di oltre venti chilometri. Lo scopo era quello di costruire una capitale completamente nuova, lontana dal mare e dalle minacce che esso portava con sé.
Per portare avanti un progetto così ambizioso si rendeva necessaria la presenza di un architetto all’altezza del compito.
La scelta cadde dapprima su Ferdinando Fuga, in seguito su Nicola Salvi; entrambi furono costretti a rinunciare poiché impegnati in altri progetti (il primo stava lavorando alla costruzione dell’Albergo dei Poveri, il secondo a quella della Fontana di Trevi).
A ricoprire un incarico tanto prestigioso fu allora chiamato Luigi Vanvitelli, un architetto napoletano di origine olandese (il suo vero nome, in effetti, era Luigi van Wittel), allora impegnato nella preparazione per il Giubileo del 1750: l’allora Papa Benedetto XIV concesse al futuro Carlo III di Spagna di assumere l’architetto, facendone così la fortuna, se si tiene conto del fatto che la Reggia di Caserta è tutt’oggi considerata, di gran lunga, la sua opera più importante.
All’incirca due anni dopo, il 20 gennaio 1752, venne posata la prima pietra alla presenza del re e di sua moglie, Amalia di Sassonia, del Ministro Tanucci, del Nunzio Apostolico e di numerosi dignitari.
Alla morte di Vanvitelli, nel 1773, la costruzione della Reggia non era ancora giunta al termine, a causa soprattutto di un calo di interesse da parte del sovrano, il quale era stato nel frattempo incoronato re in Spagna col nome di Carlo III. A portare avanti i lavori pensò il figlio di Vanvitelli, Carlo (così chiamato in onore del sovrano borbonico).
Affinché la costruzione della Reggia potesse dirsi conclusa bisognò aspettare il 1780.
Il palazzo della Reggia di Caserta
La Reggia di Caserta si presenta come un enorme complesso architettonico: il palazzo, sul lato meridionale, è lungo 249 metri e alto 37,83 e, a decorarlo, sono state poste dodici colonne; sulla facciata principale, invece, le colonne sono ben ventisei e sono poste tra una finestra e l’altra.
In totale, la Reggia ricopre un’area di 47.310 metri, comprende 1200 stanze e 1790 finestre e, complessivamente, è venuta a costare 8.711.000 ducati. Il palazzo ha un perimetro rettangolare, al cui interno si trovano due fabbricati che si intersecano a croce formando quattro grandi cortili interni, ciascuno dei quali misura più di 3.800 metri quadrati.
Accanto al portone centrale sono ancora visibili i basamenti sui quali si sarebbero dovute porre le statue rappresentative della Giustizia, della Magnificenza, della Clemenza e della Pace (rappresentative delle virtù attribuite al sovrano).
Entrando nel Palazzo ci si trova in un ampio vestibolo ottagonale del diametro di 15,22 metri, contenente venti colonne doriche; su entrambi i lati si aprono i passaggi che portano ai cortili interni, mentre frontalmente un triplice porticato immette al centro topografico della Reggia. Un terzo vestibolo rende, infine, possibile l’accesso al Parco.
Su un lato del vestibolo ottogonale si apre lo scalone reale, largo 18,50 metri, i cui 116 gradini (ciascuno composto da un unico blocco di “lumachella” di Trapani) portano al piano superiore della Reggia e alle stanze che la compongono.
Lo Scalone Reale o “Scalone d’Onore”
Lo Scalone Reale, altrimenti detto “Scalone d’Onore”, conduce al piano superiore dove si trovano il Vestibolo, gli appartamenti Reali e la Cappella Palatina. Si presenta come una grande rampa centrale che, successivamente, si sdoppia in due rampe parallele.
Le statue presenti a metà del portico sono tre e sono state realizzate da artisti diversi, in un arco di tempo che va dal 1776 e il 1777: la Maestà Regia (rappresentata dal sovrano a cavallo di un leone, simboleggiante la potenza) si deve a Tommaso Solari, la Verità (immaginata come una figura femminile che poggia un piede sul mondo, mentre indirizza l’indice verso il sole) è stata realizzata da Gaetano Solomone e, infine, il Merito (una figura maschile che sulla spalle porta una spada e nella mano destra tiene un libro) è stata costruita da Andrea Violani.
Al termine della rampa centrale si accede al primo pianerottolo, dove iniziano le rampe parallele, alla base delle quali si trovano due leoni in marmo bianco, realizzati da Solari e Persico. Voltando lo sguardo all’indietro si coglie l’esistenza di due piani sovrapposti (quello del pianterreno, dominato dalla statua di Ercole e quello del Vestibolo).
La doppia volta ellittica è affrescata con le Stagioni e la Reggia di Apollo di Gerolamo Starace.
Il cornicione che corre lungo la volta era destinato ad accogliere i maestri di musica durante i ricevimenti, in modo che essi rimanessero invisibili agli ospiti.
Il Vestibolo
Attraverso lo scalone si accede al Vestibolo: esso ha forma ottagonale (ma assume un movimento circolare nella sua parte centrale, la cui volta è sfarzosamente decorata) ed è illuminato da quattro grandi finestre che danno sul cortile.
La disposizione dei pilastri e delle colonne ricalca esattamente la geometria con la quale è stato realizzato il piano sottostante, ma il gioco di luci e di colori non permette di cogliere questo particolare ad un primo sguardo disattento.
Secondo la tradizione è stato lo stesso Vanvitelli, in una lettera del 1759 scritta a suo fratello Urbano ad utilizzare il termine “Vestibolo”: inizialmente doveva trattarsi semplicemente dello spazio in cui terminavano le due rampe di scale dello Scalone, ma la sua bellezza e le soluzioni architettoniche innovative utilizzate, così apprezzate dai sovrani, convinsero il Vanvitelli a definire quello spazio come il “Vestibolo della Cappella”, ridotto successivamente a “Vestibolo”.
La Cappella Palatina
La Cappella Palatina era stata motivo di discussione fin dal 1752: i reali avevano una propria opinione sulle colonne e sui marmi da impiegare per la costruzione del luogo dove si sarebbero celebrati i Sacri Riti della famiglia reale. Inoltre il re pretendeva che la Cappella ricalcasse quanto più possibile lo schema della Cappella di Versailles, che Vanvitelli, invece, giudicava notevolmente sproporzionata.
Riuscendo a blandire il re, Vanvitelli realizzò la Cappella secondo le proprie idee, che costituivano delle varianti abbastanza importanti rispetto ai desideri reali; le più evidenti si riscontrano nella collocazione della Cappella, nell’interruzione dell’abside del colonnato, nello sviluppo orizzontale e nella divisione equilibrata degli spazi.
La Sala degli Alabardieri
Alla sinistra del Vestibolo si apre la prima delle cinque anticamere che precedono la Sala del Trono, ovverosia la Sala degli Alabardieri.
Questa sala fu effettuata in seguito alla morte di Luigi Vanvitelli dal figlio Carlo, che seguì, tuttavia, il progetto paterno nella realizzazione del locale, utilizzando stucchi e finti marmi su fondo giallo.
La decorazione della stanza fu affidata, dallo stesso Carlo Vanvitelli, a tre artisti: Domenico Mondo, Angelo Brunelli e Andrea Cali.