La città di Cittadella, in provincia di Padova vanta uno dei sistemi difensivi più belli d’Europa.
Importante crocevia sulle arterie che collegano i diversi capoluoghi della regione, Cittadella in provincia di Padova vanta uno dei sistemi difensivi più belli d’Europa, perfettamente conservato fino ai giorni nostri con camminamento di ronda ancora completamente percorribile: la cinta muraria di Cittadella è sicuramente uno dei motivi principali per visitare questo bel borgo del Veneto.
La storia di Cittadella
Di origine medievale (la fondazione della città viene indicata nei documenti al 1220), Cittadella è un centro creato ex novo dal comune di Padova quale luogo fortificato finalizzato a tutelare le zone di confine del suo contado contro le rivalse delle vicine Vicenza a Treviso, la quale in particolare intorno al 1190 aveva avviato sulla sponda opposta del torrente Muson la costruzione dell’avamposto militare di Castelfranco.
Il progetto del nuovo borgo viene affidato a Benedetto da Cartura, che lo definisce come una vera e propria città urbana su pianta rotondeggiante dagli spazi ariosi, adeguandosi alla volontà dei Carraresi di caratterizzare Cittadella come un Comune avente dei propri statuti ed un’autonomia di governo, in grado di favorire anche la colonizzazione del vicino contado.
Sotto la dominazione veneziana, la Cittadella rinascimentale conosce una notevole espansione sia a livello economico sia urbanistico, dotandosi di nuovi edifici amministrativi, magazzini e botteghe, mentre i palazzi residenziali si espandono anche fuori dalle mura, dando vita a quattro borghi, contraddistinti dai nomi delle città corrispondenti lungo i due principali assi viari (Bassano, Padova, Treviso, Vicenza).
Al pari delle altre terre apparententi alla Serenissima, nel 1815 Cittadella entra a far parte dei territori asburgici, per essere annessa al Regno d’Italia nel 1866.
Cosa visitare e vedere a Cittadella
Tra le altre rinomanze storico-artistiche della città è da ricordare anzitutto il Teatro Sociale, piccolo gioiello di architettura ottocentesca progettato dall’architetto Giacomo Bauto di Bassano, ma portato a termine dal vicentino Francesco Cibele: secondo lo stile del tempo, il teatro si sviluppa a partire da un atrio affiancato da botteghe di caffè e frutta, che dà accesso alla sala scenica semicircolare, circondata da tre ordini di palchetti.
L’incompiuta facciata neoclassica, con elegante frontone lobato, è attribuita al celebre maestro padovano Giuseppe Jappelli, mentre gli interni presentano una raffinata decorazione a motivi neoimperiali con amorini e figure allegoriche, legata al nome di Francesco Bagnara, artefice tra l’altro degli interni del Teatro La Fenice in Venezia.
Il Duomo di Cittadella risale alla seconda metà del Settecento, opera di tre architetti vicentini: al più celebre Domenico Cerato, autore del Prato della Valle di Padova, si attribuisce la pianta dell’edificio, portato quindi a compimento da Ottavio Bertotti Scamozzi e Carlo Barera. La facciata è stata completata solamente nel 1913.
Degni di nota gli interni, ove sono custodite opere di Leandro Bassano, Lattanzio Quarena, Sebastiano Santi e del cittadellese Michele Fanoli. Nella Sagrestia si conservano invece dipinti provenienti dall’antica chiesa parocchiale e donazioni private, comprese una “Cenna in Emmaus” di Jacopo da Ponte e “La Flagellazione” attribuita a Palma il Giovane.
Addossata alla Porta Padovana, la cosiddetta Torre di Malta è una poderosa fortezza, costruita nel 1251 per ordine dell’allora dominatore Ezzelino da Romano, che ne fece orrida prigione per i suoi nemici: secondo le cronache, i prigionieri venivano inviati alla Torre legati sotto il ventre dei cavalli e, una volta giuntivi, erano calati nei sotterranei e lasciati morire di fame, tra crudeli tormenti.
Quando nel 1256 i Carraresi riuscirono a cacciare Ezzelino di Padova, i cittadellesi aprirono le porte della Torre di Malta a Tiso di Camposampiero, che liberò centinaia di prigionieri qui custoditi, comprese alcune donne, ridotti in condizioni orribili. Sul muro della Torre, che oggi ospita il Museo Archeologico cittadino, sono appese due lapidi che ricordano un brando della “Cronica” di Rolandino relativo ai terribili eventi ezzeliniani e i versi di Dante, che nella sua Commedia avvallò il tragico racconto.