Quando, la notte del 24 maggio, il forte italiano di cima Verena sparò il primo colpo di cannone, un inferno di ferro e fuoco coprì gli Altipiani, da Luserna a Lavarone, a Folgaria.
Fu l’inizio di quella che gli storici hanno chiamato la «Guerra dei Forti».
Il momento più drammatico si ebbe, il 28 maggio 1915, al Forte austriaco di Luserna. A soli tre giorni dallo scoppio del conflitto, il comandante, il boemo Emanuel Nebesar, fu infatti costretto ad arrendersi e ad issare sulla copertura della fortezza la bandiera della resa, per consegnare il presidio agli italiani. La pronta reazione degli altri forti impedì l’occupazione italiana e il povero comandante fu deferito alla corte marziale.
Ricorderemo quell’evento, nel programma dei Dieci giorni del Centenario, giovedì 28 maggio, esattamente a cent’anni di distanza, con una escursione guidata (al mattino) al Forte Cima Vézzena e, dopo il pranzo al sacco, ci sposteremo tra pascoli e boschi di abeti al Forte Lusern dove, alle ore 16.00, ricorderemo il dramma del comandante Nebesar.
Info nella sezione eventi/10 giorni del Centenario su: www.alpecimbra.it
Il «Padreterno»
Forte Lusérn, situato sulla sommità di Cima Campo, era soprannominato «il Padreterno».
Era un titolo dato per celebrare la sua potenza. La corazza di cemento e acciaio dava un’idea di indistruttibilità e i quattro obici, le mitragliatrici e i cannoncini erano minacciosamente puntati verso la linea italiana, vicinissima.
Era effettivamente il forte più vicino alle linee italiane, che distavano poche centinaia di metri. Per questo gli italiani lo presero di mira in maniera devastante. E sotto le ben cinquemila granate che lo colpirono, tra il 25 e il 28 maggio 1915, la sua corazza si ridusse in briciole e blocchi di cemento.
Paradossalmente il «Padreterno», il forte che tutto poteva, fu l’unico ad issare la bandiera bianca della resa.